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Millennials: confidenti col digitale, precari nel lavoro

Il nostro viaggio intergenerazionale prosegue. Nel primo articolo ho offerto una panoramica completa sulle quattro generazioni che oggi compongono in massima parte il tessuto socio-economico nazionale. Poi ho dedicato un secondo articolo ai Baby Boomers e un terzo alla Generazione X. Adesso mi concentrerò sulle donne e sugli uomini nati tra il 1980 e il 1999: i Millennials, detti anche quelli della NetGeneration o Generazione Y.

I Millennials e la digitalizzazione

Oggi i Millennials hanno un’età compresa tra i 21 e i 40 anni. Capiamo bene che tra una persona di mezza età e una che ha appena superato il periodo dell’adolescenza esistono, e sono evidenti, non poche differenze. Dovendo però provare a delineare un profilo tipo del Millennial, una delle caratteristiche principali su cui vale la pena soffermarsi è certamente quella che ha a che fare con il nuovo rapporto con le tecnologie digitali. A metà degli anni ‘90, i più ‘anziani’ esponenti della Generazione Y avevano circa 15 anni, i più giovani non erano neppure nati. Ecco perché i Millennials sono definiti anche NetGeneration, la generazione della rete, di internet. Sono i primi della storia a crescere parallelamente alle nuove infrastrutture digitali e il loro approccio nei confronti di internet non è più, come nel caso della Generazione X, di mero adattamento.

La comunicazione web per i Millennials

I Millennials hanno vissuto con meraviglia le prime sperimentazioni web in ambito comunicazione e hanno imparato a modellare le loro modalità di gestione delle relazioni in base anche alle evoluzioni del mondo digital. Hanno assistito alla nascita dei primi embrionali sistemi di social networking e sono stati loro ad alimentarli, a popolarli e a direzionarli. I Millennials non sono stati scavalcati da un nuovo modo di intendere i concetti di spazio e tempo, semmai lo hanno incoraggiato e hanno partecipato attivamente alla creazione dell’immaginario della società virtuale, quello della globalizzazione intesa come processo di rottura delle barriere fisiche e mentali. Ciò che il mondo è oggi è, in buonissima parte, ciò che i più intraprendenti esponenti della Generazione Y hanno fatto in modo che sia. Per la prima volta, il rapporto tra tecnologie web ed essere umano si delinea alla giusta velocità. Non si può però parlare di nativi digitali poiché i Millennials hanno vissuto la loro infanzia in un mondo ancorato alle tecnologie analogiche, hanno familiarità col tubo catodico, col VHS, con il walkman, con le audiocassette da riavvolgere attraverso una penna BIC. E se non sapete di cosa stia parlando, quasi certamente siete parte della Generazione Z.

Le nuove logiche professionali: il lavoro flessibile e precario

C’è forse una parola che sintetizza nel modo più efficace il nuovo rapporto tra professionista e mondo del lavoro: flessibilità. Flessibilità che, a guardare bene, è in realtà un eufemismo per definire una nuova modalità collaborativa che vede il professionista perdere tutele e velleità di qualsivoglia impiego stabile, in favore del precariato. Il posto fisso è pressoché scomparso, ma quelli della Generazione Y non si disperano per ciò, perché in realtà non ne hanno mai fatto esperienza, non si sono mai abituati al lusso di un percorso professionale capace di offrire rassicurazioni sul lungo periodo. Siamo nell’era delle Partite IVA, dei contratti a progetto, degli stage non retribuiti. Siamo nell’era del “Che noia il posto fisso”.

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